Carta di Lampedusa: un’opportunità per tutti e tutte
3 febbraio 2014
Dal 31 gennaio al 2 gennaio l’associazione Le Mafalde ha preso parte a Lampedusa alla scrittura della Carta di Lampedusa assieme a quasi 300 persone provenienti da vari paesi e diversi contesti (giuristi/e, operatori/trici sociali, associazionismo, comitati, studenti e studentesse delle scuole di Lampedusa, ecc.)
La Carta non è una proposta di legge ai governi nazionali ed europei e neanche una petizione, ma un patto contenente principi e “mai più” che dobbiamo affermare e difendere.
Viviamo da anni in un paese dove sono presenti donne, uomini, bambini e bambine che vengono da altri paesi e ragazzi e ragazze che sono nati/e in questo paese da genitori di origine straniera.
Molte di queste persone vivono nel nostro paese con grandi difficoltà a causa di normative ingiuste che vincolano la loro permanenza e il loro ingresso, al possesso o meno di un rapporto di lavoro o alla possibilità o meno di poter studiare nel nostro paese.
Alcune di queste persone vivono in condizioni di “irregolarità amministrativa” perché non sono state in grado di rinnovare il permesso di soggiorno, o per mancanza di risorse economiche o semplicemente perché non sono mai riuscite a “regolarizzarsi” tra una sanatoria e l’altra o tra la roulette russa di un decreto flussi.
Altre hanno pagato anche 10.000 euro a finti datori di lavoro (truffatori) per presentare una pratica di regolarizzazione che se ti va bene ti darà un permesso di soggiorno per attesa occupazione oppure un decreto di espulsione.
Senza parlare del “non diritto” al ricongiungimento familiare, l’impossibilità di far arrivare in Italia fratelli e sorelle, figli/e maggiorenni o altre persone care se non coniugi, figli minorenni e genitori, ma in questo caso spesso dimostrare un reddito “sufficente” e un alloggio “idoneo” può diventare impossibile.
Ma non tutte le donne e gli uomini migranti riescono ad arrivare nelle nostre città, molti/e al loro arrivo nel nostro paese vengono fermati e rinchiusi dentro Centri di identificazione per mesi e mesi. Nonostante i cittadini stranieri si trovino all’interno dei CIE con lo status di trattenuti o ospiti, la loro permanenza nella struttura corrisponde di fatto ad una detenzione, in quanto sono privati della libertà personale e sono sottoposti ad un regime di coercizione che, tra le altre cose, impedisce loro di ricevere visite e di far valere il fondamentale diritto alla difesa legale. (Cit. Meltingpot)
Poi ci sono migranti ancora più sfortunati che nel nostro paese non ci sono mai arrivati, o meglio sono arrivati nel nostro mare e li sono rimasti.
Donne, uomini, bambine e bambini con il desiderio di cambiare la loro vita o per scelta o per necessità, ma poco importa, si tratta sempre esseri umani.
Ho visto i loro vestiti, i loro portafogli, le loro bottiglie d’acqua sistemate con cura in borse di tela fatte a mano, le foto dei loro cari, libri, teiere, biberon, latte in polvere, ecc.
Gli oggetti sono stati raccolti dalle ragazze e dai ragazzi dell’associazione culturale di Lampedusa Askavusa che per anni hanno raccolto oggetti all’interno delle imbarcazioni, altri ritrovati in spiaggia, portati dal mare. Il 1 febbraio Askavusa ha inaugurato la sua nuova sede dove sono esposti oggetti di migranti che sono passati per Lampedusa.
Questi racchiudono i sogni, i desideri e i ricordi del loro paese, oggetti di donne, uomini, bambini e bambine che sono saliti su una barca per cercare di cambiare la propria vita.
Guardando il bellissimo mare di Lampedusa non riuscivo a non pensare ai loro corpi, alle loro grida, alle loro speranze..quell’isola è impregnata di queste immagini, di queste storie.
Molti/e di noi svolgono lo sguardo a questa realtà solo quando accadono fatti come quelli dei naufragi del 3 e 11 ottobre 2013 dove sono morte più di 600 donne, uomini e bambini/e.
Politici nazionali ed europei troppe volte hanno detto la parola “mai più” dopo questi fatti, ma non hanno mai fatto nient’altro e non si rendono conto che sono loro i colpevoli di queste morti.
La Carta di Lampedusa cerca di ridare un senso di “umanità” a tutte e tutti le/i migranti che stanno decidendo di partire, che sono partiti e che vivono nelle nostre città.
La Carta di Lampedusa cerca di recuperare l’importanza di alcuni diritti inalienabili come:
– libertà di movimento
– libertà di scelta
– libertà di restare
– libertà di costruzione e realizzazione del proprio progetto di vita in caso di necessità di movimento
– libertà personale
– libertà di resistenza
A Lampedusa ho incontrato donne e uomini che sostengono con forza che:
– la fortezza Europa non deve esistere
– l’Europa non deve essere uno spazio di esclusione e di cancellazione dei diritti
– tutti i confini devono essere smilitarizzati e la conversione delle risorse economiche stanziate in tal campo devono assicurare percorsi di arrivo garantito a chi vuole migrare
– i centri dove sono rinchiusi uomini e donne migranti devono essere chiusi e che occorre convertire le risorse finora destinate a questi luoghi a scopi sociali – rivolti a tutte/i
– la libertà di circolazione è un diritto inalienabile e non negoziabile
– occorre superare la divisione e la differenza di diritti e opportunità tra nativi e migranti
– ecc.
Ma consiglio a tutte e tutti di leggere la Carta di Lampedusa dove emergono queste questioni e vengono offerte possibili alternative.
Chiediamo a tutte le persone e organizzazioni di leggere la Carta di Lampedusa, di aderire ad essa e aiutarci a diffonderla il più possibile.
Come ci insegnano los/las zapatistas “lento pero avanzo”
Mariella – Le Mafalde