Firenze-Salonicco, il viaggio ha inizio
Settembre 2016
Prendiamo una macchina in affitto all’aeroporto di Salonicco e ci dirigiamo subito a Vasilika Camp dove ci aspetta R. un amico di Maya conosciuto ad Idomeni Camp, uno dei più grandi campi profughi d’Europa che ha ospitato per diversi mesi circa 15 mila persone in fuga dalla Siria, Iraq, Afghanistan e altro.
Arrivate al campo due poliziotti ci chiedono i documenti e lasciano entrare solo Maya per qualche minuto chiedendo a me di restare fuori, io resto in attesa ed osservo cosa significa vivere in una tenda per diversi mesi lontano dalle proprie case e lontano dagli affetti più cari.
Alcuni bambini si avvicinano a me e mi salutano “hello friend” e poi sorridendo vanno via e continuano a giocare all’interno del campo.
Ecco che arriva Maya e mi presenta R. un giovane ragazzo siriano che è dovuto scappare via dalla guerra con suo fratello lasciando in Siria tutti i suoi familari. R. era iscritto al quarto anno della Facoltà di Veterinaria in Siria, ma ha dovuto abbandonare i suoi studi decidendo di andare via per cercare un futuro migliore e raggiungere i suoi tre fratelli in Germania.
Facciamo salire R. in macchina e andiamo con lui in albergo per lasciare i nostri bagagli ed incontriamo altri due amici di Maya, N. e suo fratello M. che non abitano dentro un campo perchè il fratello di N. è minorenne e lui ha paura di essere separato dal fratello minore e per questo hanno deciso di abitare con una donna greca in una casa a Salonicco. Anche la famiglia di questi due fratelli è rimasta in Siria e avverto la grande preoccupazione di N. per il fratello più piccolo, visto che lui adesso è responsabile per entrambi.
Trascorriamo con loro una piacevole serata e ci raccontano come stanno vivendo questi mesi lontani dalle loro case leggendo nei loro occhi un grande desiderio di voler andare via dalla Grecia per raggiungere altri luoghi per poter iniziare una nuova vita. Ma per ora, e non sapendo per quanto tempo ancora, sono trattenuti dentro questi campi in zone industriali, in luoghi distanti dalle città, con l’intento di renderli meno visibili, eppure loro esistono e popolano questi campi anche se dovrebbero vivere in luoghi più dignitosi, in strutture che possano accogliere queste persone che chiedono solo di poter essere temporaneamente ospitate per poi poter continuare il loro viaggio in altri luoghi.
Salutiamo i ragazzi e andiamo a dormire e ci svegliamo presto per dirigerci in un altro campo, Softex, uno dei peggiori campi allestiti a Salonicco. Qui i servizi igienici e sanitari lasciano a desiderare e tutto il campo è recintato da filo spinato e attorno al campo regna una grande desolazione, una vecchia ferrovia, una ciminiera dismessa e una strada trafficata da camion e nient’altro.
All’interno del campo andiamo a incontrare M. il marito I. e la figlia minore S. ma non entriamo dall’ingresso principale per evitare che la polizia ci neghi l’entrata al Campo. Appena M. vede Maya l’abbraccia con una grande gioia tale da rendere quel momento uno dei più toccanti dell’intero viaggio, entrambe erano emozionatissime di rivedersi dopo mesi.
M. è una donna curda siriana molto energica con gravi problemi di salute, lei non riesce a camminare bene ed utilizza un bastone per sostenersi con le sue gambe, si trova a Softex con il marito e la piccola figlia che vorrebbe portare in Germania dove si trova il resto della sua famiglia. M. parla solo arabo ma questo non è stato un problema perché con i suoi sorrisi e con i suoi abbracci siamo riuscite facilmente ad entrare in connessione nonostante le mie poche parole in arabo sono riuscita a comunicare con lei e quante risate ci ha fatto fare e quanta commozione ogni volta che andavamo via. Abbiamo deciso di portare M. e la famiglia fuori dal campo e siamo andati al mare insieme e quanto stupore abbiamo avuto nell’apprendere che in tutti questi mesi non sono mai usciti fuori dal campo, sono stati sempre dentro Softex. Osservarli davanti al mare e vedere M. che si bagnava i piedi seduta su uno scoglio è stato un’altro dei momenti più emozionanti per me, abbiamo contemplato l’orizzonte in silenzio, ed osservando il mare era come se potessimo intravedere qualche altro luogo lontano ed era come se potessimo riuscire a spazzare via ogni frontiera.
Abbiamo trascorso tutta la giornata con M. , la piccola S. e I. e la sera li abbiamo riportati al Softex Camp.
Il giorno dopo siamo andati a visitare Sinatex Camp dove abbiamo incontrato N, una giovane donna curda siriana che Maya aveva incontrato ad Idomeni Camp, lei ci ha presentato il marito ed un figlio ma un altro figlio la stà aspettando da mesi in Germania, lui è minorenne e si trova in un orfanotrofio in attesa di rincontrare la madre.
N. è una donna estremamente positiva, sentivo in lei una grande energia e tanta vitalità, nonostante la lontananza da questo figlio lei affronta la vita con grande coraggio cercando di darsi da fare dentro il campo, insegnando ai bambini nella scuola.
Sinatex Camp è molto diverso da Softex Camp, qui la gente contribuisce alla gestione del campo, ci sono dei turni per le pulizie dei bagni e degli spazi in comune. In ogni Campo c’è una scuola ma quella di Sinatex mi ha particolarmente colpito perchè gli abitanti hanno reso questo luogo molto curato e colpiscono molto i colori dei tavoli e delle sedie e spunta una scritta “Open the Bordes” per ricordare a tutti la loro lunga attesa all’interno di questi campi.
Scopro che N. ha anche fatto delle lezioni di yoga all’interno del campo e questa notizia mi ha entusiasmata a tal punto che ho voluto donarle delle cartoline che avevo dietro dove dei bimbi eseguono diverse posizioni yoga e chissà magari la prossima volta che tornerò li potrei condividere con loro la mia esperienza con lo yoga che rappresenta una parte importante della mia vita.
Lasciamo Sinatex per dirigerci a Sindos Camp, dove incontriamo S, altra giovane donna in attesa di un bimbo, la sua situazione è davvero difficile, S. è diabetica e deve prendere costantemente l’insulina, la sua è una gravidanza ha rischio e non dovrebbe stare in tenda ma in una struttura che possa accoglierla e assisterla durante i mesi di gravidanza. S. ci ha accolte con un delizioso pranzetto e noi quasi imbarazzate abbiamo gustato il riso, le verdure e le patatine fritte che ci ha preparato con grande amore e all’interno della sua tenda abbiamo mangiato e ci siamo potute conoscere meglio e mi piaceva osservare le diverse tende in cui sono stata e in tutte mi ha colpito molto l’ordine e la pulizia, ognuna di loro era molto curata e anche se lo spazio all’interno di ogni tenda è veramente limitato, loro sono riusciti a rendere confortevole la loro casa temporanea.
Prima di ritornare in albergo non potevamo non ritornare a SOFTEX Camp, qui M. ci aspettava per salutarci e anche se per poche ore siamo usciti per stare ancora un’ultima volta davanti al mare e per gustarci un meraviglioso tramonto tutti insieme, con un grande desiderio di poterci ritrovare in qualche altro luogo…chissà magari proprio in Germania dove M. vorrebbe andare per ricominciare un’altra vita.
Apriamo le frontiere!
Foto e testo di Silva Pala