Le donne di Lampedusa
La sala riservata per la redazione de La Carta di Lampedusa è situata direttamente in Aeroporto. Dopo la registrazione dei partecipanti e una breve presentazione, ascoltiamo le parole della Sindaca di Lampedusa, Giusi Nicolini. Poi i racconti dei lampedusani che ci spiegano le difficoltà di vivere in una piccola isola. Infine, il collettivo Askavusa di Lampedusa.
Alle fine della prima giornata, alcune delle donne presenti incontrano le donne di Lampedusa. Una decina di donne veraci e vitali che hanno accolto l’invito a partecipare ai lavori della Carta.
Uno dei problemi dell’isola è la sanità: “a Lampedusa non si nasce e non si muore”, dice una donna lampedusana.
Le donne in gravidanza sono costrette a lasciare l’isola almeno un mese prima del parto per recarsi in Sicilia a partorire. E tutto a proprie spese considerato il costo del volo, dell’alloggio per sé e per la persona che le accompagna, il costo del medico e tutto il resto.
A Lampedusa, infatti, c’è solo un piccolo Pronto Soccorso d’emergenza privo di una sala parto attrezzata.
D’altra parte, ci dicono le donne, i medici dell’Asl che vengono dalla Sicilia sono costretti ad affrontare di tasca propria le spese del viaggio e dell’alloggio per visitare i pazienti a Lampedusa.
Grave la situazione dei malati oncologici che nella maggior parte dei casi rinunciano a curarsi per l’impossibilità di affrontare i costi del soggiorno in Sicilia dove unicamente è possibile effettuare le terapie.
Almeno sull’isola esiste un centro dialisi.
Ma il problema che attanaglia le donne di Lampedusa è l’istruzione: a Lampedusa gli studenti sono costretti ad andare a lezione a turno, chi di mattina chi di pomeriggio per usufruire degli unici edifici scolastici rimasti “agibili”. La Sindaca Giusi Nicolini, infatti, non appena eletta ha ordinato la chiusura di un plesso scolastico.
Tuttavia, anche le scuole rimaste aperte sono inadatte in quanto prive di riscaldamento (a Lampedusa generalmente il clima è mite ma non sempre “estivo”), prive di porte e con bagni mal funzionanti.
Il Ministero, per tutta risposta, ha inviato sull’isola dei “gazebo”: gazebo montati a terra nei quali circolavano anche topi e che alla prima pioggia si sono riempiti di acqua. Pertanto, una volta montati essi non sono stati mai utilizzati.
Da ultimo, lo scorso 22 gennaio 2014 in una scuola sono state effettuate “prove di carico” per verificare la sicurezza dell’edificio. Ciò ha destato molto spavento fra i bambini e le bambine presenti in aula e forte preoccupazione nei genitori per il mancato allontanamento da scuola degli studenti durante lo svolgimento dei controlli di sicurezza sull’edificio.
Incontriamo le donne ancora domenica mattina quando alcune di esse intervengono in assemblea.
Si va subito al sodo: per ovviare al problema della fatiscenza degli edifici scolastici le donne propongono di aiutarle ad avere sull’isola una scuola eco – sostenibile come quella costruita a Modena, nel Comune di Soliera, che ricevuto il premio “sostenibilità” 2013.
Dal punto di vista della sostenibilità, la scuola vanta un basso consumo energetico grazie al sistema costruttivo in legno e al pacchetto di copertura in legno lamellare
Caratteristiche della scuola sono l’aver seguito i principi costruttivi della bioarchitettura quali l’uso contenuto di energia, la messa in opera di materiali non inquinanti nonché la sostenibilità economica. Sul tetto, l’installazione di pannelli fotovoltaici permette di risparmiare circa il 40% dell’energia unitamente ad un sistema di riscaldamento basato sull’impiego di una pompa di calore aria-acqua. E a Lampedusa il sole non manca.
Sostenibili gli stessi tempi di progettazione: soli 11 giorni e altrettanto brevi quelli di realizzazione pari a circa 50 giorni lavorativi.
Tempi molto, molto più brevi e costi molto ma molto più contenuti rispetto a quelli che prevederebbero la messa a norma degli edifici scolastici esistenti e/o la loro demolizione con conseguente progettazione e costruzione di nuovi edifici. Senza dimenticare il basso impatto ambientale di una scuola eco – sostenibile.
Subito dopo le donne, parla Imed, un ragazzo tunisino arrivato a Lampedusa con gran fatica per partecipare ai lavori della Carta in rappresentanza dell’associazione delle madri e dei familiari dei ragazzi e delle ragazze tunisini scomparsi in mare nel 2011 il quale esprime parole di vicinanza alle donne di Lampedusa.
Che sia un primo passo per una convergenza fra donne e uomini al di quà e al di là del Mediterraneo e di ogni confine vero e/o immaginario.
Anche le donne di Lampedusa hanno contribuito a scrivere un “pezzo” della Carta che vuole, fra le altre, restituire Lampedusa ai propri abitanti e alle loro idee.
Spero che riescano a realizzare il loro “grande” sogno per una scuola sicura, come la scuola deve essere.
Alba – Le Mafalde