#womenlegalteam – In volo verso casa
Siamo nel volo del ritorno..non riesco a trattenere la rabbia quando sento gli incessanti annunci delle hostess della Ryanair: “Gucci, Chanel, Lancome, Dolce e Gabbana”.. e sotto di noi ci sono migliaia di persone che stanno intrappolate tra campi, boschi e distributori di benzina.
Bimbi impolverati, donne che cucinano con vecchie pentole e fuochi improvvisati, uomini che cercano di creare una tettoia alla loro tenda, anziani in sedia a rotelle che vengono portati in giro da parenti più giovani.
Famiglie allargate, minori non accompagnati, ragazzi che si sono conosciuti li, molti hanno parenti in un paese europeo partiti prima di loro sono stati più fortunati perché le frontiere erano ancora aperte.
Iracheni, afghani, e tanti siriani (arabi, curdi, ezidi) con case e famiglie distrutte dalla guerra..bambini e bambine che non sono mai andati/e a scuola e che per anni hanno conosciuto solo guerra.
Donne con sguardi profondi e segnati che si prendono cura dei loro bambini e delle loro bambine, li lavano con cura, lavano loro i vestiti, ordinano la tenda, puliscono tutto e cercano di creare uno spazio vivibile in tende o troppo calde o troppo fredde.
Famiglie che cercano di passare di nascosto la frontiera con l’aiuto di trafficanti che speculano sulla vita di gente esausta e disillusa.
Le persone aspettano che il trafficante gli dia un appuntamento e stanno tutto il giorno in attesa del sì o del no. Questo dipende da quanta polizia c’è alla frontiera.
Le donne preparano i loro bambini e le loro bambine, al viaggio, li vestono con cura, con tante maglie, giubbotti e pantaloni pesanti, cappello per la pioggia e uno zainetto a testa con poche cose una pila per la notte, barattoli di tonno o fagioli e altro cibo.
Aspettano con zaini in spalla e giubbotti addosso con sguardi preoccupati e ansiosi.
Avvolte quando arriva la notizia che il viaggio è rimandato i bambini e le bambine, ma anche le donne urlano di felicità perché hanno in mente gli altri passaggi andati male, le lunghe camminate nella notte in mezzo ai campi, alla ferrovia, ai ruscelli e ai boschi.
Poi arriva la polizia Macedonia che li rimanda indietro e loro umiliati ed esausti ritornano nella loro tenda.
Sopra questo aereo ci guardiamo con le lacrime agli occhi, tratteniamo i singhiozzi, le altre persone non possono capire..
Il nostro cuore è rimasto con Feiruz, Mariem, Feeten, Omar, Safian e tante altre persone che ci hanno ospitato nelle loro tende ci hanno offerto un tè, un biscotto, ci hanno raccontato le loro storie, hanno riso e pianto con noi.
Ci hanno chiesto di aiutarle ad andare via di lì..ci hanno chiesto di ritornare da loro perché in questo mesi hanno visto tanti internazionali andare via..ma loro stanno ancora lì..stanchi, disillusi, ma con la speranza che presto il confine verrà aperto.
Loro sperano che l’Europa non li lascerà stare ancora al lungo in quel luogo dimenticato da tutti..ed è molto difficile rispondere alla loro domanda: “quando secondo te apriranno i confini?”
Cosa dire?
Come dire che l’Europa non li vuole? e che non ha nessuna intenzione di aprire le frontiere anzi ne sta costruendo altre per far si che loro non possano mai metterci piede.
Alcuni lo hanno capito e ci dicono: “io non voglio andare in Germania, voglio venire in Italia!”
Alcuni bambini portano una bara costruita con il cartone dove c’è appesa una bandiera europea e c’è scritto: “non vogliamo andare in Europa ma in Canada”.
Ritorniamo nelle nostre case con gli occhi pieni di immagini di bambine e bambini che giocano, ridono, ci abbracciano e ci chiedono di rimanere con loro.
Sono loro che danno vita e allegria al campo.
Ritorniamo nella nostro quotidianità e ci accorgiamo come la gente non vuole vedere quello che accade poco lontano da noi, non vuole essere disturbata nella propria routine..
Stiamo perdendo la cosa più importante al mondo, che è il rispetto e la solidarietà verso gli altri.
#opentheborders